<<Mamma ma se tu dovessi morire io con chi starò? E se doveste morire tutte e due, sia tu che papà dove andrò a a vivere?>> Questa è una delle domande che tuo figlio di 7 o 8 anni potrebbe farvi all'improvviso, magari mentre siamo alla guida  della nostra auto o facciamo colazione. Cerchiamo di  non farci trovare  impreparati, il bambino cresce, comincia a comprendere quali siano i pericoli della vita reale e a temerli. Intorno ai 7 anni, la consapevolezza che alcune cose non esistano, come i mostri, fa sì che queste paure gradualmente spariscano, sostituite da altre più concrete, associate spesso a ciò di cui parlano i genitori, o a notizie di cui vengono a conoscenza. È comune, quindi, la preoccupazione per disastri naturali, per la morte o la malattia di una persona della famiglia, così come per i risultati che ottengono nello studio e il rapporto con compagni di scuola e amici.

È tuttavia inevitabile che di fronte alle paure l’istinto di ogni genitore sia fare di tutto per risolvere il problema, con parole di conforto e spesso anche attraverso delle promesse (dicendo frasi come ‘Ti prometto che non accadrà niente se spengo la luce’). Questo approccio, però, rischia di non aiutare davvero il bambino, ma è piuttosto un riflesso dell’ansia genitoriale. Quindi è fondamentale essere sinceri.

La paura, come abbiamo visto, è parte integrante del percorso di crescita e per il bambino rappresenta un’opportunità di autoregolamentarsi, ovvero di imparare a elaborare e gestire le emozioni e i comportamenti, in maniera sana, per questo il genitore deve lasciare modo e spazio al figlio per esercitarsi, per imparare da solo a superare le situazioni difficili. Ricordare al bambino che non deve avere paura perché c’è la mamma o il papà con lui, non lo rende autonomo nell’affrontare ciò che lo spaventa. Il modo migliore è lavorare per gradi. Il genitore, per prima cosa, dovrebbe mostrarsi comprensivo e aperto al dialogo: deve spronare il bambino a parlare delle proprie paure, a spiegare come mai certe situazioni suscitano timore, senza giudicarle.  “Bisogna inoltre evitare le estremizzazioni del fatto, quindi da un lato l’enfatizzazione della paura e dello stimolo che l’ha provocata, dall’altro la sua minimizzazione, poiché ciò potrebbe provocare nel bambino senso di frustrazione e di abbandono da parte di quella che per lui è la figura di riferimento principale”. 

 

Mamma ma se tu e papà morite, io con chi starò?

Figlio mio ci sarà sicuramente qualcuno che ti amerà e si occuperà di te con cura!

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